Giorno 15 Dingboche - Lobuche

Da Dingboche a Dughla, 4620 metri, la via è in continua salita lungo un, quasi, altopiano che sembra un prato attraversato da carovane di yak e portatori, tutti verso il campo base. Cento metri più basso scorre il fiume dal letto larghissimo e su uno dei suoi lati prima che il corso d’acqua svolti a destra c’è Periche.

A Franta piace questo pezzo. L’aveva già attraversato tre anni fa quando era andato per la prima volta fino al campo base. Si allontana dal sentiero battuto e va fin sotto alle pendici che costeggiano l’altopiano opposte al fiume col risultato che lo aspetto a Duglha perche perde tempo a ritornare su suoi passi.

Da Duglha parte una ripida salita che porta al memoriale dedicato ai caduti durante i tentativi di scalare La Montagna Sacra. Ci fermiamo per qualche minuto più che altro per farmi rifiatare. In salita non vado forte.

Poi è dolce salita lungo il fiume e infine su e giù tra le rocce. Gli ultimi cento-cento cinquanta metri di salita, seppur non ripida, ne’ difficile, sono impegnativi perché mi manca l’aria e devo procedere lentamente e rifiatare.

Arriviamo a Lobuche, 4940 metri, e scopriamo che una mega caraffa di tè per circa 15 tazze costa poco paragonato ad altri villaggi. Ne ordiniamo una e ce la beviamo velocemente. Bere è uno dei modi migliori per prevenire e combattere problemi derivanti dall’altitudine. Fortunatamente fino ad ora non abbiamo nessun tipo di problema.

Sullo spiazzo davanti al villaggio c’è una spedizione accampata. Sono in preparazione per il campo base e poi per scalare l’Everest. A Lobuche c’è pure un albergo da venti dollari a notte. Noi ce la caviamo con un dollaro a testa.

Il pomeriggio andiamo a visitare La Piramide cento metri più in alto. SI tratta di un centro di ricerca creato, udite, udite, dagli italiani. Non ne sapevo nulla. Franta me l’aveva detto tre anni fa di ritorno dal suo viaggio e una guida sherpa me lo aveva ricordato a Monjo. Io, come probabilmente il 99.9% degli italiani, ne ignoravo l’esistenza. Non so di preciso che tipo di ricerche conducano lassù, a sentire la guida sherpa, nessuno lo sa, nemmeno i nepalesi. Lui criticava i centri di ricerca internazionali che praticamente fanno quello che vogliono lassù e con la loro semplice presenza inquinano in quanto l’ambiente himalayano non è lì per loro, lo disturbano. Allo stesso modo, però, era a favore considerando che portavano lavoro assumendo staff nepalese e fornivano della tecnologia come un ponte telefonico via satellite in caso di emergenza. Tutto sommato era favorevole a questi centri se regolati. Disse anche che basta pagare e si può fare quello che si vuole lassù, indicando l’amministrazione pubblica come colpevole di questo.

Alla Piramide non c’erano ricercatori, e i nepalesi che lavorano lì non hanno potuto aiutarmi. Un po’ di orgoglio nazionale l’ho avuto quando ho visto il tricolore.

Alla sera, anziché una bottiglia di vino come piacerebbe a me, ci scoliamo un’altra super caraffa di tè. Non ho mal di testa. E pure Franta è a posto. Non sono a posto i danesi che sono saliti con noi, una ragazza belga, e due scandinavi. Ci vorrà tutta la notte perché gli passi il mal di testa.

Ci giunge voce che recentemente una donna americana è stata trasportata con l’elicottero prima a Periche poi a Kathamandu con una sorta di pneumonia a causa dell’altitudine. Era salita troppo presto. Un altro canadese invece era dovuto scendere e poi riprendere il suo percorso. Insomma, il mal d’alta quota è sempre in agguato.

Conclude la giornata una notizia fantastica: la Cina riaprirà il confine col Tibet in settimana. Tutto va come dove andare. Chiediamo a Mister Kul di posticipare il nostro viaggio di una settimana così ci potremo riposare a Kathmandu per qualche giorno. Tutto a posto.

Alla notte mi succede una cosa strana. Oltre ad alzarmi come al solito due o tre volte per andare in bagno, mi sveglio un paio di volte cercando il mio respiro. E’ come se dormendo avessi smesso di respirare. Invece è la mancanza di ossigeno che da l’impressione di soffocare per un istante. Anche a Franta succede la stessa cosa e mi ricorda che: “Andrea, non ti devi dimenticare di respirare.”

Ormai manca poco. E’ successo tutto di corsa. Siamo prossimi al campo base. Domani sarà la terza volta a 5000 e ci aspetta pure una lunga camminata per raggiungere il campo. Il traguardo è vicino!